“A Castellammare di Stabia si è superato ogni limite: una docente è finita vittima di un raid punitivo, scatenato da un’accusa gravissima lanciata senza alcuna prova e amplificata dal tam-tam delle chat di gruppo. Non c’è stato spazio per il dialogo, né per il confronto. Solo una rabbia cieca che ha trasformato un sospetto in condanna.”
Il professor Giuseppe Lavenia, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche e Cyberbullismo, non usa mezzi termini: “Questi spazi virtuali, nati per facilitare la comunicazione, si stanno trasformando in fabbriche di paranoia e rabbia collettiva. Forse è arrivato il momento di vietarle per legge, perché troppo spesso diventano teatri di giustizia fai-da-te, dove non esiste verifica, ma solo emotività incontrollata.”
“Le chat dei genitori – aggiunge – sono il riflesso di una società che fatica a gestire le proprie frustrazioni. Ogni messaggio, ogni sospetto, diventa benzina sul fuoco, fino a degenerare in episodi come questo. La violenza non nasce da un’app, ma da noi. La tecnologia amplifica ciò che già portiamo dentro: rabbia, insicurezza, paura.”
E conclude con una provocazione: “Cosa vogliamo insegnare ai nostri figli? Che accusare senza prove e colpire siano strumenti accettabili? O che il rispetto delle regole e il dialogo restano l’unica via? Forse vietare le chat dei genitori sembra estremo, ma non possiamo più ignorare quanto siano diventate pericolose se usate senza consapevolezza.”