Lezione di vita 4.0. Giuseppe Lavenia. «È importante che la ricerca di un detox tecnologico non si limiti solo all’orario scolastico. Anche i genitori devono proseguire gli insegnamenti durante le ore pomeridiane»
È di qualche giorno fa la proposta avanzata dal direttore responsabile de Il Resto del Carlino e Quotidiano Nazionale, Paolo Giacomin, che prevede l’inserimento all’interno dell’orario scolastico di un’ora, due, ogni settimana da dedicare ad una nuova materia: Lezione di vita 4.0.
Sessanta preziosi minuti che gli insegnanti dovrebbero avere a disposizione per spiegare ai ragazzi di oggi come vivere insieme e come affrontare la violenza della realtà. Stesso discorso verrebbe rivolto ai genitori che, sempre più spesso hanno difficoltà a stare dietro ai loro figli a causa della mancanza di mezzi a disposizione per aiutarli a sostenere ed affrontare le continue sfide del mondo digitale.
«Come Associazione condividiamo pienamente questa iniziativa. L’ora di Lezione di vita 4.0 può rappresentare un vero e proprio punto di svolta nella comprensione che i ragazzi hanno dell’era digitale. Non solo insegnanti che “insegnano” agli alunni ma, viceversa, anche alunni che “insegnano” ai professori il loro punto di vista e la loro visione del mondo mediato dalla tecnologia. Vedere la tecnologia con gli occhi dei ragazzi può veramente fare la differenza e far si che la distanza digitale diminuisca affinché si possa lavorare insieme e meglio», sostiene Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, Presidente dell’Associazione Di.Te.
«È importante che la ricerca e la comprensione di questa pausa tecnologica non si limiti solo all’orario scolastico ma che anche i genitori capiscano e supportino gli insegnanti durante le ore pomeridiane, quando i figli sono a casa. E’ importante che i genitori accettino e prendano consapevolezza della distanza digitale che caratterizza le vecchie e le nuove generazioni. Si tratta di un divario che difficilmente riusciranno a colmare. Questo non vuol dire che i genitori debbano smettere di comportarsi come tali, anzi a maggior ragione devono ascoltare i loro figli, cercare di capire come si relazionano attraverso l’uso dei social e quale disagio o vantaggio ne traggano. La distanza digitale non deve giustificare una distanza relazionale», conclude il presidente dell’Associazione Di.Te
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