Educare, non punire. In seguito al tragico episodio di violenza presso l’istituto Enaip di Varese, dove un giovane studente con “diagnosi funzionale” ha ferito gravemente la professoressa Sara Campiglio, emerge la necessità di rivedere le strategie di gestione delle esigenze degli studenti più vulnerabili nel nostro sistema educativo. Il recente suggerimento di potenziare il voto in condotta come strumento per garantire la disciplina non è però la soluzione.
A tal proposito, il professor Giuseppe Lavenia, psicoterapeuta, docente universitario e presidente dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche e Cyberbullismo, ha espresso la sua visione sulle misure proposte: «Ritengo che l’approccio di rafforzare il voto in condotta sia una soluzione che non affronta la radice del problema. La vera questione non si limita alla disciplina, ma riguarda la capacità del nostro sistema educativo di offrire un supporto adeguato agli studenti con esigenze particolari».
Lavenia sottolinea la necessità di investire in risorse che promuovano un ambiente scolastico sicuro e accogliente: «È fondamentale dotare le scuole di supporto psicologico, formazione specializzata per gli insegnanti e una cultura dell’accettazione. Il nostro obiettivo dovrebbe essere educare, non punire».
«Affrontare le radici del problema con soluzioni punitive come il voto in condotta è un chiaro segno di una visione educativa ristretta e controproducente. È ora di adottare un approccio più inclusivo e costruttivo che metta al centro il benessere degli studenti», conclude il professor Lavenia.