Quando raccontare una bugia ai bambini è accettabile? Quale è il limite da non oltrepassare? Sono molti i genitori che se lo chiedono in questo periodo, davanti al dilemma: Babbo Natale esiste o no? Cosa direbbe Maria Montessori? La maggioranza dei genitori contemporanei, tutti adepti (anche se non sempre davvero preparati) del metodo Montessori che si muove sul binario dell’autonomia e dell’indipendenza per lo sviluppo dei bambini, sceglie la via della sincerità a tutti i costi, e di non raccontare ai bambini dell’esistenza di Babbo Natale. “Più che di bugie, parlerei di storie – spiega a Fanpage.it il dottor Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta – Esistono racconti che non servono a nascondere la realtà, ma a renderla più ricca, a farla brillare agli occhi dei bambini. Babbo Natale non è un inganno, è un ponte tra il mondo del possibile e quello dell’immaginazione, una favola che offre protezione e nutrimento. I bambini vivono in una dimensione dove sogno e realtà si intrecciano, e togliere loro quella magia significa privarli di uno strumento fondamentale: la capacità di meravigliarsi”.
Nessuno può essere criticato per un eccesso di sincerità. Ma questo vale anche con i bambini e Babbo Natale? Non sempre trattare i bambini come degli adulti in miniatura è funzionale a una loro crescita sana: “Scegliere la sincerità assoluta può sembrare una scelta rispettosa e matura, ma rischia di guardare al bambino con occhi troppo adulti. I bambini non hanno bisogno di verità nette e spoglie, ma di racconti che li accompagnino verso la crescita. Svelare tutto subito può togliere quel momento di magia che appartiene alla loro infanzia, un tempo in cui la fantasia è ancora un rifugio sicuro”. L’unico vantaggio potrebbe essere un’apparente “chiarezza”, una razionalità che però non parla il linguaggio dei bambini. “Privare un bambino della magia in nome della sincerità significa togliere una parte preziosa della sua crescita, quella in cui immagina, sogna e costruisce mondi. La verità non ha fretta, mentre la fantasia è fragile: va custodita”.
Credere in Babbo Natale significa avere la certezza che qualcosa di bello e inaspettato può accadere. “È un simbolo di fiducia nella vita, di cura e di amore disinteressato. Per un bambino, sapere che qualcuno pensa a lui anche senza chiedere nulla in cambio rafforza il senso di sicurezza e di connessione con il mondo”. Babbo Natale non è solo un personaggio, è la rappresentazione del dono e della meraviglia e pure della generosità.
Immaginare Babbo Natale, gli aiutanti che preparano doni, la slitta che vola, serve ai bambini a stimolare la fantasia, a volare oltre la realtà? “Sì, perché la fantasia è il modo in cui i bambini esplorano e danno forma alla realtà. – prosegue Lavenia – Immaginare la slitta che vola e gli elfi che preparano i regali è un allenamento alla creatività e alla speranza. È quella stessa fantasia che, un giorno, permetterà loro di trovare soluzioni nuove nei momenti di difficoltà. Credere in Babbo Natale non è una fuga, ma un modo di coltivare lo stupore e la possibilità che qualcosa di straordinario possa esistere”.
Anche il momento dello svelamento, scoprire che Babbo Natale non esiste, potrebbe essere utile ai bambini, stimolare in loro delle riflessioni. “Sì, perché scoprire la verità è un rito di passaggio. È un momento in cui la magia cambia forma, ma non scompare. I bambini capiscono che dietro Babbo Natale c’erano i gesti d’amore delle persone che si prendono cura di loro. Questo li aiuta a comprendere che il vero dono non è mai solo materiale, ma fatto di attenzione e affetto. È una lezione importante: la magia, in fondo, esiste davvero, ma siamo noi a doverla portare nel mondo”. Credere in Babbo Natale, dunque, non significa ingannare i bambini: “Tutt’altro, vuol dire accompagnarli con dolcezza nella scoperta della bellezza, dell’immaginazione e, un giorno, della verità nascosta dietro ogni gesto d’amore”.
A cura di: Francesca Parlato
Fonte: www.fanpage.it