Sono in continuo aumento i casi di cronaca che vedono come protagonisti adolescenti sempre più violenti ed inconsapevoli delle conseguenze che questa violenza e aggressività, sia fisica che verbale, può provocare.
Violenza domestica, violenza all’interno di istituti scolastici e violenza per le strade. Il tutto, nella maggior parte delle volte, viene filmato per poi esser condiviso su social e media.
Ma cosa sta succedendo ai ragazzi di oggi? Le dipendenze tecnologiche hanno un ruolo in tutta questa aggressività?
«Per la società di oggi, abituata a convivere quotidianamente e a rapportarsi esclusivamente tramite devices, risulta sempre più complicato gestire ed esternare le proprie emozioni», dichiara Giuseppe Lavenia, Presidente dell’Associazione Di.Te. «Il bisogno che sta dietro al voler documentare tutto ha a che fare con la necessità di mantenere sempre alti i livelli di eccitazione. Ci sono dei meccanismi che si innescano in automatico dentro a questi bisogni, dissociando le emozioni. La tecnologia per certi versi tende a dissociare le emozioni e i sentimenti che si provano in determinate circostanze, senza fornirci i mezzi adatti per poterle esternare. Ecco qui che questa difficoltà può portare ad episodi estremi di rabbia in cui il nostro corpo perde di consapevolezza, in quanto non è in grado di contenere coscientemente ciò che sente dentro. Non si dà più valore al corpo, tutto sembra filtrato. Meno saremo abituati a vivere il nostro corpo e più correremo il rischio di non conoscerlo».
Cosa si può fare per aiutare questi ragazzi?
«Gli episodi che sempre più spesso leggiamo sui giornali e ascoltiamo in televisione sono, nella maggior parte dei casi, collegati ad un uso inconsapevole della tecnologia. La rabbia, l’aggressività, debbono e possono essere canalizzate in qualcosa di positivo, ma dobbiamo aiutare i ragazzi a comprendere come si può arrivare a farlo. Gli stessi genitori devo, per primi, abituare i propri figli a restituire valore al proprio corpo. È forse questa una delle eredità più importanti che possiamo lasciare alle nuove generazioni. Siamo la generazione del “tutto e subito”, come se i fatti della vita si potessero compiere e svolgere alla stessa velocità di un click e ciò che non ci piace si potesse chiudere come un’app su cui non vogliamo più stare. Genitori e scuola invece dovrebbero far riflettere su cosa è davvero la vita offline. E’ utile dare regole ai ragazzi e fare in modo che le rispettino. Occorrono dei no detti con fermezza e più presenza. Lasciare ai ragazzi la possibilità di annoiarsi e di trasformare la rabbia e l’aggressività in momenti dedicati allo sport, alla condivisione in famiglia dove tutti quanti i devices restano spenti almeno per qualche ora a settimana. Dovremmo, inoltre, educare all’uso consapevole degli strumenti tecnologici. L’aggressività può essere utilizzata anche in modo positivo, se lo si insegna ai ragazzi. Insomma, dovremmo tornare a insegnare i confini della libertà, soprattutto con l’esempio, spiegando come fare valere i propri diritti senza ledere quelli degli altri», conclude Giuseppe Lavenia.
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